venerdì 23 dicembre 2016

Foglie d'erba... la mia riscrittura de L'attimo fuggente

Lo scorso 18 dicembre si è conclusa la seconda serie di messe in scena di Foglie d'erba, il mio nuovo spettacolo teatrale. Era da un po' che lavoravo a una mia personale visione del celeberrimo L'attimo fuggente, film del 1989.
Questa volta non mi sono attribuita alcun ruolo al di fuori di quello di regista e anche questo aspetto ne segna in qualche modo un approdo nuovo e diverso. Occuparsi esclusivamente della regia di un progetto è un'esperienza esaltante, pur ammettendo che il palcoscenico mi manca. Ma è poi legittimo pensare che mi manchi? In fondo no, perché dirigere è come recitare a più livelli, è scrivere ogni passo, movimento, espressione del volto, è essenzialmente esserci nel senso più ampio del termine. 
Il mio Foglie d'erba, il cui titolo ho tratto dalla nota raccolta di versi di quel Walt Whitman che diventa il poeta-vate del racconto, è una storia sul potere dell'educazione scolastica, sul dialogo spezzato fra generazioni che cercano di ritrovarsi, di ricomporsi alla luce di un incontro.

Il prof e Eddy
In sintesi: al centro un ragazzo, Eddy, che bighellona fuori da scuola, che ha deciso di fare sega per l'ennesima volta e se ne va a imbrattare muri con la bomboletta spray e a dormire. Il suo prof di Letteratura lo vede e lo sveglia dal suo torpore, dapprima imponendogli il confronto, poi instaurando un vero dialogo sulle cose ancora da salvare, quelle in cui credere, perché "non c'è tempo da perdere" nella vita, perché quel principio oraziano del carpe diem è ancora valido, e c'è stato un film una volta che lo ha raccontato bene. Guarda caso, è proprio il film che quella mattina il prof farà vedere alla classe, ma come si fa a mostrarlo a Eddy, se lui non vuole entrare a scuola quel mattino? 
Non resta che raccontarglielo, ma modificando un po' la storia, volgendolo al femminile, perché altrimenti Eddy si annoia ad ascoltare un film che parla di ragazzi degli anni Cinquanta. Il prof mette in atto un racconto che si svolge sulla quasi totalità del palcoscenico, ambientato in un collegio femminile, con una severa e inflessibile preside e un Keating che viene a scombinarle quel mondo intessuto fra le maglie di regole vischiose che lentamente lui aggirerà proponendo un suo modello educativo, quello che smuove le coscienze, che induce a riflettere, a imparare un senso critico. 

Il professor Keating
Il soggetto del film resta invariato, il problema era quello di portare in palcoscenico una storia che si svolge fra aula, stanze dei ragazzi, esterni, il bosco, case private, addirittura un teatro. Racchiudere il tutto in pochi metri quadri e non banalizzare, non cadere nella retorica di una storia che è stata raccontata mille volte anche sui palcoscenici, che tutti abbiamo visto e che confrontiamo con l'originale. Questo il lavoro registico. 
Non amo gli allestimenti scenici vistosi e "baroccheggianti". La scena è pertanto essenziale, con arredi di scuola che abbiamo noleggiato e poco altro. Pareti nere, sulle quali spiccano le foto delle vecchie allieve del collegio Welton, quelle su cui Keating indurrà le ragazze a ragionare sullo scorrere del tempo e sulla caducità della vita. Una foto incorniciata di Withman, nume tutelare di Keating, e una lavagna a muro, una piccola libreria, nulla di più. Il resto è un gioco di luci, di musiche scelte ad hoc. 
Si dice spesso che uno spettacolo ha successo, che il pubblico apprezza, che è corso al botteghino a frotte, ecc. Ebbene, questa volta posso dirlo con orgoglio, perché è accaduto qualcosa che ha stupito anche me che questa storia ho imbastita e portata in scena e tutti coloro che ne fanno parte. Non si ha mai la certezza del successo di uno spettacolo prima di passarlo al vaglio del pubblico. Possiamo essere certissimi che sarà un successo e poi accorgerci che ha mille falle, come è accaduto durante la pessima esperienza di Sogno di una notte di mezza estate dell'aprile di quest'anno - andata in scena tre volte in tutto, buona solo nella terza recita e poi chiusa - penalizzata da alcune persone sbagliate e fuori contesto. Avevo voglia di un riscatto dopo quel flop e ho scelto una storia difficile affidandola questa volta a un gruppo di interpreti di cui mi fidavo a prescindere, ed è stato... travolgente. 

Difficile rendere in questo post la sensazione dell'onda che ha travolto il pubblico con Foglie d'erba. Pubblico di ogni età ha riempito i due teatri in cui siamo stati e questi ci ha posti dinanzi a una certa responsabilità, quella di mantenere la tensione scenica delle prime sere e di conquistare nuovi occhi. Così è stato. 
La magia di Foglie d'erba sta tutta nell'amalgama delle parti. Non solo ogni interprete è un tutt'uno con il personaggio, ma tutti compongono un quadro armonico che rende l'insieme godibile, credibile, emozionante. Le ragazze sono giovanissime, hanno fra i 14 e i 17 anni e vibrano di un'interpretazione in cui molto conta quell'età così acerba, semplice, carica di tensione emotiva. Questa la carta vincente di tutto lo spettacolo, cui fanno da contraltare i ruoli degli adulti, insieme e allo stesso tempo fuori da quel cerchio vitale che le ragazze sanno suscitare. Su tutto, il crescendo dalla morte di Jane Perry fino alla cacciata di Keating dalla scuola è stato accolto con diversi applausi a scena aperta e la commozione del pubblico, che a fine spettacolo ha manifestato la sua accorata partecipazione venendo a stringere la mano a tutti noi. 
Non credo di poter aggiungere altro a quanto scritto. Farò "parlare" alcune delle fotografie scattate nell'ultima replica (foto di Mario Fermante).

"... che il potente spettacolo continua, e che tu puoi contribuire con un verso".
"... tocca a me. Alfred Tennyson. Venite amici, che non è tardi per scoprire un nuovo mondo. Io vi propongo di andare più in là dell'orizzonte. E noi siamo ancora gli stessi, unica tempra di eroici cuori..."

"Ragazze, dovete combattere per trovare la vostra voce. Thoreau dice 'molti uomini hanno vita di quieta disperazione', non vi rassegnate a questo. Ribellatevi. Non affogate nella pigrizia mentale, guardatevi intorno. Osate cambiare!"
Il dolore dopo il suicidio di Jane Perry

"Capitano, mio capitano!" 


E ora a voi. Vi rilancio la domanda: c'è un professore che ricordate con affetto per avervi insegnato qualcosa in particolare?
Cosa pensate di questa versione al femminile?

19 commenti:

  1. Ho seguito con interesse quel che postavi su Facebook sullo spettacolo. Peccato che era un po' distante da me, altrimenti mi sarebbe piaciuto venirlo a vedere nella tua visione fra racconto e presa diretta.
    Se crescendo e vivendo, la vita ci pone tanti padri e tante madri, sicuramente l'Attimo Fuggente per me è un padre fondatore. Quando lo vidi a 17 anni, segnò la svolta da ameba quale mi sentivo a spirito ruggente. Whitman diventò il capitano mio capitano e Thoreau un compagno di passeggiate per i boschi.
    Mi sarebbe piaciuto venire a vederti. Se la tournée dovesse spostarsi in Sicilia (so che è impossibile, ma la vita è un selciato imprevedibile) sarei uno dei primi spettatori.
    Complimenti per il successo e la bella rimodellazione.

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    1. Grazie, Marco. Grazie davvero per il tuo apprezzamento.
      Anche in me questo film ha segnato "un prima e un dopo" e mi è rimasto nel ricordo come uno di quei momenti in cui una storia ti entra sotto la pelle e da lì non va più via. Una specie di "tatuaggio", insomma. Scusami, prendo a prestito le parole che ho posto sulle bocche dei due spiriti narranti dello spettacolo. :)
      Mi piacerebbe moltissimo esportarlo. Mi piace pensare di poterlo fare, di sapere come fare. Di solito esportare questi spettacoli richiede dispendio economico non indifferente. E qui saremmo in nove fra attori e attrici, me, due tecnici esterni. Più il reperimento delle scenografie. Nulla di impossibile ma difficile.
      Mi è stato detto che questo lavoro farebbe breccia in qualsiasi scolaresca e che sarebbe un ideale prodotto per matinée. Anche questa potrebbe essere una soluzione. Ma trovare i finanziamenti è arduo, perché le scuole già annaspano. Con il biglietto a carico degli alunni copriremmo solo credo metà del costo complessivo. Vedremo...

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    2. Eh lo so, non di prima mano, ma avendo frequentato il mondo teatrale (amatoriale di mio padre), immagino quanto sia difficile allestire gli spettacoli e le tournée. Senza i nomi di grido è quasi sempre in perdita. Però tu hai la forza di uno spettacolo che va dritto al cuore. Capace di stimolare le menti. Proprio come dice Keating: Non leggiamo e scriviamo poesie perché è carino: noi leggiamo e scriviamo poesie perché siamo membri della razza umana; e la razza umana è piena di passione. Medicina, legge, economia, ingegneria sono nobili professioni, necessarie al nostro sostentamento; ma la poesia, la bellezza, il romanticismo, l'amore, sono queste le cose che ci tengono in vita.
      Se questo spettacolo riesce a pizzicare queste corde, che sono sempre attuali anche per i ragazzi di oggi, perché no, incrociamo le dita e il mio grande in bocca al lupo. ;)

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    3. Grazie per la citazione. E' un piacere leggere di persone che amano questa storia così come l'ho amata io.
      Questo spettacolo ha in effetti degli aspetti talmente travolgenti che ovunque lo porteremmo avrebbe grande presa sul pubblico. Contenuti molto particolari, universali, trasversali.

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  2. Che emozione deve essere veder portare in scena spettacoli che si sono scritti con tanta passione, complimenti davvero! L'attimo fuggente è per me un film fondamentale e questa tua interpretazione mi sembra davvero interessante. Sono felice che abbia riscosso successo e non nascondo che mi piacerebbe molto poterla vedere, se mai passerai dal Veneto ;)

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    1. Magari, Mami. Immagino cosa sarebbe una gran bella tournée in lungo e in largo. :)

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  3. L'attimo fuggente è un film bellissimo ma credo che riproporlo e rivisitarlo in chiave teatrale sia stata una sfida stimolante ma complessa!
    Mi piace molto l'idea di cambiare le protagoniste in ragazze ma soprattutto quella di dare una doppia profondità alla storia dandole una cornice più moderna. Il messaggio rimane sempre meraviglioso, un altro inno alla letteratura, all'arte e alla vita.
    Io non posso dire di aver avuto, purtroppo, insegnanti particolari che abbiano stimolato il mio cervello più che la mia memoria. Sarò dura ma è così ed è il motivo per cui ho un rapporto difficoltoso con la scuola, perchè ciò che spesso viene detto cozza con la mia personale esperienza. Col tempo ho capito che il mio errore è stato porre gli insegnanti su un piano diverso dal mio: siamo persone, con pregi e difetti. Fallibili, spesso. Spero solo che altri abbiano avuto insegnanti - ed esempi - migliori dei miei. Detto in tono più amaro che polemico, lo sottolineo. A me è andata male ma sono sicura che a molti altri è andata bene.
    A parte questo, congratulazioni per il risultato finale, tanto impegno si meritava sicuramente un riconoscimento:)

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    1. Non sei un esempio isolato, tutt'altro. Io stessa non ho particolari ricordi di insegnanti che abbiano segnato in modo particolare il mio percorso, se non un unico esempio all'università. Ma è stata ben poca cosa rispetto a ciò che sono gli anni di scuola in anni delicati come quelli dell'adolescenza.
      Grazie per i tuoi apprezzamenti, carissima.

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  4. Deve essere stata un'esperienza bellissima ed emozionante *_* Sicuramente meritato il riscontro, le stesse fotografie sono testimonianza dell'intensità della recita! :O
    L'idea di una trasposizione al femminile è interessantissima, una versione forse ancora più emozionante? Anche la scelta di allestimenti sobri ed essenziali mi piace molto, perché a volte la scenografia ricca tende ad appannare il resto (o forse serve proprio per quello XD)
    Per quanto riguarda la tua domanda sull'insegnante... non lo ricordo con affetto ma credo di dover moltissimo al professore di filosofia (e storia, ma in questo caso "insomma", non era la sua materia, decisamente no) per aver instillato pensiero critico, capacità ad argomentare e discutere e curiosità verso il mondo.
    Una figura fondamentale è stata senza dubbio il maestro delle elementari, cui devo l'amore per i libri e per lo studio.

    Per finire... bravissima!!! *__*

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    1. Cara Glò, forse proprio più emozionante è questa nostra versione al femminile. Non solo perché si tratta di ragazze, ma sono interpreti giovanissime che esplodono di energia, sentimenti, voglia di esserci in un modo che lasci il segno. E sono riuscite nel loro intento.
      Eh già, spesso le grandi scenografie servono ad appannare ciò in cui il lavoro sull'attore difetta. Mi è capitato di vedere spettacoli così. ;)
      Interessante il tuo ricordo del maestro delle elementari.
      Grazie per avere apprezzato.

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  5. Sento la gioia serpeggiare tra le tue parole e posso immaginare, almeno un po', come possa essere creare uno spettacolo così capace di entrare in sintonia con il pubblico. Credo che davvero la regia ti faccia essere dentro tutto, mentre come interprete sei in parte concentrato su te stesso. Complimenti, e tanti auguri di buone feste!

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    1. Grazia, mi piace questa parola, "sintonia", era quella che mancava alle mie descrizioni di questa esperienza così straordinaria.
      Grazie e buone feste anche a te. :)

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  6. Ma che meraviglia dev'essere stata questa esperienza registica. Proprio vero che quando il teatro funziona si crea una magia unica. Sono davvero felice per la spettacolare - è il caso di dirlo! - riuscita dell'allestimento, e della soddisfazione che ti ha procurato. E' vero quello che dici, a teatro non serve spendere molto denaro, bastano pochi arredi per creare atmosfera e ambiente, e poi è il pubblico che riempie con la mente quei vuoti solo apparenti. Esattamente come quando si legge un romanzo, la fantasia lavora e produce, e tutti si esce dal teatro e dalla lettura enormemente arricchiti. Complimenti anche al fotografo, le foto sono molto belle e professionali!

    Io ricordo con particolare affetto due professori del liceo linguistico: la mia professoressa di grammatica francese, Madame Dutard, che adoravo nonostante la sua severità, e il professor Premoli di letteratura italiana. Anch'io ricordo il mio maestro degli ultimi due anni delle elementari con grande affetto. Bisognerebbe però fare una menzione o un post ad hoc anche per quelli che ricordo con maggior terrore... in fondo anche questi hanno contribuito a formarmi. ;-)

    Approfitto per farti tanti auguri di buon inizio di anno, con tanti bei progetti, e sperando che tu sia guarita dall'influenza.

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    1. Cara Cristina, ricambio gli auguri con affetto.
      Bisognerebbe pensare a un post sul ricordo dei nostri insegnanti, in effetti, magari potrebbe essere una delle nostre collaborazioni. Un'altra idea in cantiere, che bello. :)

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  7. Wow! Mi piacerebbe vederlo! Online si trova? Comunque congratulazioni!

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    1. Ciao, Romina. Abbiamo un video amatoriale dal quale dovrò trarre un montaggio. Si vedrà nelle prossime settimane. Grazie!

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  8. Ricordi di una scrittrice: l'insegnante di lettere Adele Cilibrizzi.

    Molti anni fa una ragazzina di circa undici anni frequentava una scuola d’arte. Non l’aveva scelta: lei voleva “fare il classico”, ma siccome da piccola era stata molto ammalata, il padre, uomo di giudizio, aveva deciso le toccasse una scuola “meno pesante” e quindi l’istituto d’arte rispondeva al requisito. Più tardi, divenuta brava “anche” nella pittura, i suoi allievi sosterranno che “ci fosse portata”; difatti ad esserci portata (quasi di forza) lo era stata, ma, visto che proveniva da parte di madre da una famiglia di artisti, le risultò comunque facile “divenirlo”. Intanto leggeva. Leggeva. Leggeva. D’annunzio a dodici anni e Pirandello, Dostoevskij, Shakespeare, tanto da poter sostenere un giorno di “scrivere ad orecchio”. La sua insegnante di lettere si chiamava Adele Cilibrizzi. Era piccolina, grassottella, coi capelli neri legati a chignon, molto dolce e sorridente. Lei l’adorava. Quando l’insegnante leggeva passi delle poesie, semplicemente s’incantava ad ascoltare la sua voce fluida ed elegante che toccava ogni parola come fosse un oggetto prezioso da restituire all’allievo:
    - “Scelgo questo, scelgo quello, mi diletto d’ogni fior; questo par di quel più bello, quel di questi ha meglio odor.”-
    Ancora oggi le sembra di poter riascoltare con l’udito della memoria la voce della “sua professoressa”, colei che la capiva, che sapeva il suo interesse per la letteratura e le proponeva temi particolari, come quello:
    -“Questa sera ho parlato con la luna”-
    Allo scopo di scoprire in che modo quella bimba simpatica li avrebbe realizzati. Poi, un giorno, le passò la mano sui capelli e le chiese:
    - “Cosa vuoi fare da grande?”- e la piccola rispose:- “La scrittrice”-
    Un sorriso quasi mesto comparve sulle labbra dell’insegnante.
    Un sorriso che lei non interpretò, ma ricordò, nel tempo ed in seguito “lesse” come di una tristezza affettuosa, ossia che la cara Cilibrizzi pensasse tra sé:
    -“Da un Istituto d’arte, quale scrittrice potrà mai venire fuori?”-
    Ma lei, invece, scriveva già da tanto, da quando aveva imparato a scrivere: poesie, mentre tornava dalle lezioni di danza con la madre, di sera, sul bus, le pensava nella sua testolina e le scriveva, a casa. Andate perdute, ma nel ricordo qualcosa è restato: di quella che scrisse in riposta ad una poesia del suo libro di scuola elementare che inneggiava al sole come se potesse risolvere tutti i mali del mondo:
    -“ O sole tu a che servi quando nel cuore mio c’è la malinconia? Se in alto il cieco guarda, senza chiudere gli occhi? Che scaldi tu nel corpo di un bambino che giace sul lettino? Che calor dai tu quando oltre il tuo splendore c’è il vento che soffia?”-
    Poesie a volte tristi, a volte misteriose:
    -“La luna è in alto, un tremolio di luce la circonda, ma in basso s’odon passi silenziosi e miagolii profondi rompon la notte, non più rumori nelle stanze oscure. Nelle vie solitarie gli occhi dei lampioni, silenziosi, guardano…”-
    Poesie perdute, tante. Poi i primi tentativi di racconti, anch’essi tanti e perduti. Ma il ricordo dell’insegnante le terrà sempre compagnia ed il suo sorriso malinconico le parrà uno sprone per andare verso quel destino che si è proposta. Presa la laurea in architettura, percorso la strada della pittura, si ritroverà a scrivere i suoi primi romanzi, alcuni legati alla vita vissuta in quel momento, con il giovane compagno e l’alano tedesco bianco dagli occhi azzurri, cresciuto quasi come un primo figlio. Scriverà sempre con un’ispirazione vivace, lavorando nelle ore più strane e nei momenti più difficili. Sarà la scrittrice partita dall’amanuense, poi passata alla macchina per scrivere fino a giungere al Word, senza sussulti, ma con la logica dell’utilizzo del mezzo possibile sul momento, senza mai dimenticare la sua insegnante che le aveva insegnato ad esprimere le sue idee, perché volassero libere come esseri con le ali ed oltre la sua esistenza terrena, potessero raggiungere le generazioni che sarebbero venute per non morire, praticamente, mai.
    Bianca Fasano


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    1. Bianca, grazie.
      Uno scritto che è come una pennellata sul cuore.

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