sabato 23 dicembre 2017

Profumo di bucce d'arancia.

C'è una cosa molto bella che si chiama "memoria olfattiva", quella capacità di ricordare sentendo un profumo, un odore. A me capita quando mangio un'arancia o un mandarino e metto le bucce sul termosifone. 
Si espande un profumo che mi riporta automaticamente all'infanzia e all'adolescenza, in quel periodo fra gli anni Ottanta e i Novanta in cui tutto era più semplice, forse più bello. 
Il Natale a quel tempo era per me una festa molto attesa, mi piaceva organizzarmi in tutto e per tutto, occupandomi dell'albero, il presepe, i tanti pacchi e pacchetti che si accumulavano ai piedi del piccolo abete. Lo trascorrevo con famiglia e parenti, componevamo una di quelle proverbiali tavolate anche di trenta persone, per altro tipiche del sud. 
Erano anni di liceo e poi di università, nel piccolo paese poco altro, qualche uscita al cinema o in pizzeria, passeggiate sul lungomare, giri in motorino. Non era una vita ricca di esperienze, era piuttosto semplice, ecco perché il Natale significava vivere un evento vero e proprio.

sabato 16 dicembre 2017

A Più libri più liberi 2017

Sono tornata alla Fiera Nazionale della Piccola e Media Editoria dopo un bel po' di anni, complice un invito di Marina Guarneri che non si poteva proprio declinare. Marina ne ha scritto un piacevole resoconto qui.
Sarà che quest'anno l'evento è stato spostato dal consueto luogo di ogni anno, il Palazzo dei congressi, alla celebre Nuvola di Fuksas, ma pare che abbia registrato più di centomila presenze e molta affluenza a tutti gli eventi in programma. Ottimi dati trattandosi di libri, vero?
Un pomeriggio bello e divertente, come sanno renderlo tale due amiche blogger che si incontrano e si avventurano fra corridoi ricchi di proposte e tante novità. 
C'è da dire che a Marina io e mio marito dobbiamo l'aver saltato una fila di un'ora, che appena arrivati ci aveva fatto crollare il morale. Il messaggio provvidenziale "venite a raggiungermi, sono quasi all'ingresso ormai" ci ha salvati dall'accodarci a un serpentone di avventori contrariati.
Riabbracciare Marina è ogni volta bello e questa volta - sarà che la passione per i libri rende tutti più complici - trascorrere delle ore assieme è stato esaltante.

mercoledì 6 dicembre 2017

Come un dio immortale - Maria Teresa Steri

Incipit: Era una tiepida giornata di primavera quando Vera annunciò di essere incinta. 
«Avremo un bam… bino?», balbettò Teo. 
Si erano trasferiti in città due anni prima per studiare giurisprudenza, ma non avevano mai messo piede all’università né dato esami. 
«Se avremo un figlio, diventeremo proprio come tutti gli altri, gli ordinari che tu odi tanto», le fece osservare Teo, appena riprese fiato dopo la notizia. 
Lei scosse la testa con aria sdegnosa. «Non accadrà. Siamo diversi, noi conosciamo la verità».

Eccomi pronta a recensire il secondo dei tre romanzi di Maria Teresa Steri, scrittrice e animatrice del blog Anima di carta.
Per essere precisi, la storia di Lyra è il terzo dei suoi romanzi. Ho avuto il piacere di recensire il precedente, Bagliori nel buio, in questo post
Come un dio immortale è un lungo romanzo che rivela pagina dopo pagina anzitutto un aspetto tipico della scrittura di Maria Teresa: l'accuratezza. E' una scrittura carica di attenzione per i dettagli, di ricerca. 
Come nel primo post, devo precisare di non trovarmi dinanzi a un genere fra i miei preferiti. Difficile che apra un libro il cui nucleo narrativo sia l'esoterismo. Essere blogger mi ha fatto conoscere questa appassionata scrittrice e ne sono contenta, perché un libro autopubblicato rischia di essere solo uno fra i tanti e a volte possiamo perderci qualcosa di interessante.

martedì 28 novembre 2017

Anna Magnani - Matteo Persica

Il giorno dopo la sua morte, erano centinaia le persone immobili sotto la pioggia. Non c'era nulla da aspettare, ma loro aspettavano. 
Alle dieci del mattino di quel 27 settembre 1973, mentre il mondo della politica esprimeva il suo cordoglio, una folla si era riversata davanti ai cancelli della clinica Mater Dei, nel quartiere Parioli, prendendola letteralmente d'assedio. L'istinto popolare prese il sopravvento: le persone erano pronte a buttare a terra il cancello di ferro pur di vedere Annarella. 

Un giovane autore, studioso di cinema italiano, lavora per otto anni alla ricostruzione dettagliata della biografia di una delle più grandi dive del mondo e ne viene fuori un lungo testo in cui ci si immerge totalmente e dal quale si esce con un certo arricchimento. 
Ancora una volta è il teatro a portarmi sulle tracce di un personaggio. Sì, perché questo libro mi è stato donato da una cara amica, ottima attrice, che mi ha espressamente richiesto un copione che racconti Anna Magnani, la sua nume tutelare, penso io, perché ha verso essa una vera e propria adorazione. Come si fa a non accettare questa sfida? Mi getto su questo libro leggendolo "a balzi", tornando a leggere, prendendo appunti, a volte restando in silenziosa contemplazione dinanzi a un passaggio.

sabato 25 novembre 2017

Là dove tutto è cominciato.

Qualche pomeriggio fa ho ricevuto una telefonata dalla mia vecchia scuola. Da quella segreteria è partita una cosa molto incresciosa che si chiama "ricostruzione della carriera". Praticamente ti chiedono di fornire tutto quello che riguarda il tuo lavoro a scuola, dal primo giorno in cui hai messo piede in un'aula. 
Burocrazia pura, lunga e tortuosa la strada che porta al termine di un percorso e al momento in cui dal Ministero arriva l'imprimatur perché si possa procedere con la messa in regola della tua "posizione". 
Fra i documenti che mi hanno richiesto c'è anche la Relazione finale dell'anno di prova, una dispensa che scrissi quasi dieci anni fa, al termine dell'anno scolastico in cui sei "in prova", appunto, ma già all'interno di un'assunzione a tempo indeterminato. Nell'ufficio è andata smarrita, un classico di tante segreterie scolastiche, e mi sono precipitata al vecchio pc per recuperare il file. Dopo una ventina di minuti di batticuore, l'ho trovata. 
Che ricordi, e quanta tenerezza. Quante cose sono successe in dieci anni, quante scuole vissute, quanti ragazzi mi sono passati dinanzi agli occhi, quanti esami in commissione a giugno, quanta strada.

venerdì 17 novembre 2017

Comunicare è una faccenda seria (fra webeti, troll, haters e altre amenità)

Oggi vorrei soffermarmi su una riflessione che riguarda tutti noi, fruitori della rete, frequentatori di gruppi, blogger o semplicemente comunicatori d'ultima generazione. 
L'uso scorretto della comunicazione in rete è diventato ormai fenomeno endemico, frutto dell'accessibilità di questo sistema, fatto per essere "intuitivo" per chiunque. In altre parole, l'accesso alla rete è permesso a tutti, da telefono smartphone, tablet, pc, semplicemente con un account realizzabile in pochi minuti. 
Da uno stesso dispositivo ci si collega con più account, per altri versi in una stessa piattaforma social si entra con più profili, se ne può cancellare uno per crearne uno nuovo in pochi clic, insomma tutto estremamente facile, come i bravi programmatori che stanno dietro a tutto questo hanno voluto. Va da sé che per milioni di utenti questo è diventato un "paese dei balocchi" per dare sfogo ai propri "appetiti". 

A chiunque abbia un profilo Facebook e abbia intenzione di farne un uso equilibrato ed equidistante dalle molte cose più importanti da fare, è ormai chiaro che il social più frequentato al mondo è anche il maggiore veicolo di false informazioni (ossia fake), scambi accesi (in gergo flame), incursioni di disturbatori spesso senza un grammo di sale in zucca (i cosiddetti troll), attacchi di persone che odiano quelle di successo (gli ormai noti haters) e, last but not least, webeti, nella felice definizione che ha ideato un noto giornalista, termine che racchiude tutti gli analfabeti funzionali della comunicazione via web (o per dirla in maniera semplice, i cretini).

venerdì 10 novembre 2017

La graphic novel del Diario di Anne Frank

Sono stata sovente abbattuta, ma mai disperata; considero questa vita clandestina come un'avventura pericolosa, ma anche romantica e interessante. 
Anne Frank 

Amo le coincidenze e questa è una di quelle che accolgo con l'entusiasmo di chi fantasticamente ci vuol vedere un segno, una traccia di quel principio secondo il quale "nulla accade per caso". 
Ebbene, mentre qualche mese fa inizio a lavorare alla regia del mio nuovo progetto teatrale, una mia drammaturgia intitolata "Finding Anne Frank", la Einaudi pubblica a settembre l'edizione italiana di una bellissima graphic novel che racconta in modo inedito e travolgente il Diario. 
Mi prefiggo di acquistarlo, ma intanto lo prendo a prestito dalla biblioteca scolastica, che ultimamente si è arricchita di titoli nuovi grazie all'iniziativa #ioleggoperché cui abbiamo aderito grazie all'impegno di una collega. 
A sfogliare questo fumetto si resta ammaliati dalla sua bellezza: i disegni di David Polonski sono dotati di una "leggerezza" che incanta. A mio parere, proprio la levità e delicatezza del disegno aiutano a leggere il Diario da un'angolazione del tutto nuova, che ben si accorda all'innocenza della sua autrice, alla sua fervida creatività. 
La graphic novel del Diario di Anne Frank è un'opera commissionata a settant'anni dalla pubblicazione del Diario. In sostanza, la Fondazione Anne Frank di Basilea, in Svizzera - fondata da Otto Frank nel 1963 e oggi depositaria assieme alla casa di Amsterdam della grande eredità ideologica di Anne - ha espresso il desiderio di offrire al mondo un'opera di facile accessibilità, che desse un contributo importante alla sopravvivenza della memoria, un aspetto di fondamentale necessità per la storia tutta della Shoah ebraica.

mercoledì 1 novembre 2017

Firmino - Sam Savage

Incipit: Avevo sempre immaginato che la storia della mia vita, se un giorno l'avessi mai scritta, sarebbe cominciata con un capoverso memorabile: lirico come il "Lolita, luce della mia vita, fuoco dei miei lombi" di Nabokov o, se non altro, di grande respiro come il tolstojano: "Tutte le famiglie felici si assomigliano fra loro, ogni famiglia infelice è infelice a modo suo". La gente ricorda espressioni del genere anche quando del libro ha dimenticato tutto il resto. 

Immaginate che un topo, uno di quei topastri brutti e spelacchiati di città, che vivono tra le fognature e i parchi cittadini, sia in grado di elaborare pensieri umani. Immaginate che sia sensibile e assai intelligente, capace di arrivare a conclusioni filosofiche, in cerca di una identità. 
Immaginate insomma la storia di un topo da biblioteca
Ecco, quello è Firmino, il protagonista di un delizioso romanzo diventato un caso editoriale una decina d'anni fa. 
Il suo autore, Sam Savage, scrive questo libro in vecchiaia, attorno ai settant'anni, per puro divertimento. Lo fa pubblicare da una piccola casa editrice con tiratura limitata, la Coffee House Press di Minneapolis, senza prevedere che di lì a poco le vendite del libro ne avrebbero fatto un prodotto ambito ed esportato. Non è difficile supporre perché, questa storia è bella, commovente e indimenticabile. L'avevo letta a suo tempo e oggi, cercando letture adatte a un gruppo che ho messo su fra i miei allievi di teatro (eh sì, l'educazione deve essere a tutto tondo) mi torna fra le mani. 
Riletto in pochi giorni, come fosse una prima volta.

mercoledì 25 ottobre 2017

Il genio e l'alcolismo

Ernest Hemingway (1899 - 1961)
Mi piace gustare del buon vino e prediligo il rosso. Mi piace anche la birra fredda. Apprezzo meno il parterre di superalcolici. Diamo un'occhiata al mondo dell'arte
Fra scrittori, pittori e cantanti la dipendenza dall'alcool - o da droghe - è una costante. 
In letteratura è noto l'alcolismo di Kerouac, Bukowski, Hemingway, Fitzgerald, Joyce, Faulkner per dirne alcuni. 
Per molti di questi grandi nomi della letteratura mondiale non si trattò di un semplice vizio occasionale, ma proprio di alcolismo, una dipendenza distruttiva e per molti fatale. 
Non è difficile supporre che il genio sia legato a forme di dipendenza da alcool o da droghe proprio in quanto fughe vere e proprie dalla depressione, da vite ed epoche in cui queste grandi menti non si sentivano a proprio agio. Bukowski scrive "Se succede qualcosa di brutto si beve per dimenticare, se succede qualcosa di bello si beve per festeggiare, se non succede niente si beve per far succedere qualcosa". 
Anche Murakami si è accorto che qualcosa lega tutti gli scrittori più grandi: "Gli scrittori che mi piacciono, chissà per quale ragione, erano tutti alcolisti". L'alcool uccise molti di essi, tutti finiti in una spirale di autodistruzione che probabilmente è stata consapevole.

domenica 15 ottobre 2017

Com'è fatto un copione teatrale? #2

Eccoci al secondo appuntamento con la drammaturgia. Trovate il primo qui.
Un copione teatrale è letteratura. Voglio cominciare con questa affermazione, appresa in anni di esperienze di messe in scena e di letture. Vorrei oggi poter manifestare una preparazione più ampia a riguardo, aver studiato ben di più di quell'esame di Storia dello spettacolo all'università, ma nel tempo, e da quando ho scoperto questa magnifica macchina che è il teatro, ho rimediato leggendo e sperimentando, il che ritengo non sia poco. Essere dotti a riguardo resta ben altro, comunque. 
Facciamo un confronto fra un copione classico, prendendo spunto da Shakespeare, e uno moderno, citando Eduardo De Filippo. Quali aspetti compaiono nel primo e quali nel secondo? Ossia, come scriveva un drammaturgo fra Cinquecento e Seicento? E nel Novecento?
Le pubblicazioni di copioni illustri nei secoli XVI e XVII presentavano un frontespizio "importante", con un sottotitolo altisonante che serviva a dare risalto all'opera. 
Nella prima edizione di A midsummer night's dream, per esempio, il frontespizio è un piccolo capolavoro, con tanto di sottotitolo che fa riferimento alla fedeltà del testo rispetto alla messa in scena dei servitori del Lord Ciambellano, la società di attori costituita nel 1594 di cui Shakespeare comperò una quota in quegli anni. 
Romeo e Giulietta riportava altresì un sottotitolo all'opera: The most excellent and lamentable tragedy o Romeo and Juliet. Dettagli che sui copioni moderni non esistono, e che mettono in risalto il valore letterario delle drammaturgie.

martedì 10 ottobre 2017

L'imprevedibile viaggio di Harold Fry - Rachel Joyce

Incipit: Era un martedì quando arrivò la lettera che avrebbe cambiato ogni cosa. Un normalissimo mattino di metà aprile che profumava di bucato fresco e di erba tagliata. Harold Fry era seduto a far colazione, sbarbato a puntino, con la camicia immacolata e la cravatta, in mano una fetta di pane tostato che però non stava mangiando. Dalla finestra della cucina guardava il prato tosato, trafitto a metà dal filo telescopico del bucato di Maureen e intrappolato sui tre lati dallo steccato dei vicini. 

Questo è il tipico libro in cui ti imbatti per caso, acquisti per curiosità e dopo averlo letto ti lascia un sapore dolce, imprevedibile. Successo editoriale in diversi paesi, ha ottenuto ottimi risultati anche qui in Italia, scalando le classifiche e restandoci per diverso tempo. 
La trama è semplice e allo stesso tempo attraente: un pensionato inglese riceve da una vecchia conoscente, una "signorina" che lavorava in contabilità nell'azienda dove Harold era stato per decenni, una lettera di addio, nella quale dice di essere ormai nella fase terminale di un cancro. La stima e l'affetto verso la sua vecchia amica lo spingono a scriverle di rimando una lettera di saluto, ma quando si trova nei pressi del luogo in cui imbucarla, decide d'istinto di continuare a camminare. Ed è lì che comincia il vero racconto.

lunedì 2 ottobre 2017

Come si scrive un copione teatrale? #1

Eduardo De Filippo (1900 - 1984), uno
dei maggiori drammaturghi del '900
Prima o poi questo post s'aveva da fare e ultimamente ha stimolato in me il desiderio di metterlo assieme la bella serie di post di Cristina Cavaliere riguardanti la genesi del suo lavoro "Il diavolo nella torre", andato in scena con gran successo di pubblico. Qui trovate il post specifico sulla "nascita di un testo teatrale". 

Credo che il discorso sia talmente ampio da avere bisogno di due o forse tre fasi, quindi questo è il primo di alcuni post sulla drammaturgia. 

Bene, una premessa doverosa. Non vorrei che il titolo di questo post mi facesse passare per una drammaturga consumata, perché per diventarlo occorrerebbero due vite. Quello che so della drammaturgia è frutto di un corso specifico semestrale che seguii quindici anni fa, dal quale scaturì un testo che fu scelto dai maestri per essere rappresentato. Ecco. Tutto nacque per caso, per curiosità. Si trattava della direzione artistica del Teatro Testaccio di Roma che ai tempi ottenne un finanziamento dalla Regione Lazio per un laboratorio dal nome "Idee per un nuovo teatro popolare". Io vidi il volantino e mi segnai. 

Da lì mi si spalancò dinanzi un mondo. Anzi, diciamo pure che quel corso cambiò la mia vita.
Le lezioni erano divise fra teoria e pratica. Prima quindi occorreva farsi un'idea su cosa fosse la scrittura per il teatro, solo dopo potevi buttare giù qualcosa.

martedì 26 settembre 2017

Il valore del dialetto (ovvero: il Vernacoliere)

Facciamo una riflessione molto seria: siamo tutti d'accordo che il dialetto abbia un valore indiscutibile? Me lo auguro, anzi forse non ne dubito neppure. 
Amiamo leggere e scrivere in italiano corretto, ma probabilmente ci capita anche di imbatterci nel dialetto dei nostri luoghi di origine o di adozione. Io mi colloco fra il cosentino e il romano (spesso coniugato in "romanaccio"). Se parlo in dialetto è presto detto. Ogni volta che mi ritrovo in famiglia, a Natale o in estate, mi piace abbandonarmi a qualche intercalare. Non che mi esprima esclusivamente in dialetto, ma mi piace calcare la mano e riderci su. Fin da piccola non sono stata abituata al dialetto.  Forse in fondo perché si incontravano nella mia famiglia definizioni calabresi e siciliane, e nessuna prevaleva sulle altre, semplicemente convivevano felicemente e i miei parlavano in italiano.
Alcuni miei cugini rimasti al sud lo parlavano e parlano tuttora correntemente, mia madre e le mie zie lo adoperano come lingua pressoché esclusiva. Io ho fatto orecchio da un ventennio al romano, in tutte le sue flessioni dei paesini a sud della capitale, che qui si chiamano Castelli. Finché non ci vivi, tutti sembrano parlare in romano, ma poi ti rendi conto che esistono differenze sostanziali.

martedì 19 settembre 2017

L'Albero della vita



Gran finale dei tre post dedicati alla mia nuova associazione culturale: la scelta dell'Albero della vita come simbolo di questa esperienza in fieri
Scelta ambiziosa, apparentemente, giacché è noto il significato esoterico di questo albero. Nucleo della simbologia celtica, della Cabala, di quella cristiana, di culture di tutto il mondo, questo prezioso albero è una sorta di archetipo trasversalmente e universalmente valido per il suo aspetto possente, la sua bellezza, i numerosi significati e rimandi. 
Una sorta di creatura traboccante vitalità e forza, non è difficile comprendere perché sia diventato il nucleo simbolico per eccellenza. Vediamo alcuni suoi significati.

lunedì 11 settembre 2017

Carpe diem!

Quinto Orazio Flacco (65 a. C. - 8 a. C.)
Eccomi al secondo dei tre post dedicati alla mia nuovissima esperienza di presidente e promotrice di laboratori ed eventi di un'associazione culturale. Trovate qui il primo. 
Veniamo alla scelta del nome: Carpe diem. Teatro e altre arti.
Sapevo che questo nome è già diffusissimo, basta googlare e si viene investiti da una gragnola di luoghi, progetti, band, associazioni con questo nome. Intanto, ho cercato di ovviare con questa omonimia imperfetta che permette il "sottotitolo", ma poi non potevo proprio rinunciarvi. 
"Carpe diem" foneticamente suona bene, è un termine noto, di facile memorizzazione, e fa pensare a cose belle. 
E poi mi è particolarmente caro, perché è il nucleo di Foglie d'erba: questo spettacolo è stato e continua a essere per me il punto di svolta artistico e umano del mio percorso teatrale. 
Al di là del legame affettivo, vediamo di capire meglio cosa significhi questa espressione e perché, e come, si accorderebbe con il concept dell'associazione. Cominciamo dal principio. 
Troviamo questo piccolo grande gioiello fra le Odi di Quinto Orazio Flacco, uno dei massimi poeti latini del I sec. a. C. Fine conoscitore dell'animo umano, Orazio fa propri alcuni principi della filosofia stoica ed epicurea, arrivati a Roma dal mondo ellenistico e ampiamente diffusi e approfonditi in quello latino.

venerdì 1 settembre 2017

Ho fondato la mia associazione culturale (realizzare un desiderio atavico rende tutto più bello)

Si torna a bloggare nel giorno in cui parte ufficialmente l'anno "cultural-teatrale" della mia neonata associazione 
Carpe diem. Teatro e altre arti
Ebbene sì, ho fatto il salto, ci sono dentro, si parte. Mi si potrebbe opporre la semplice risposta "beh? che ci sarebbe di speciale? migliaia di associazioni nascono ogni giorno". Il punto è che la mia Carpe diem è il frutto di riflessioni profonde, di pensieri ponderati a lungo e metabolizzati a rilento. 
Non so chi di voi abbia esperienza di associazionismo, ma vi assicuro che sia la fondazione che il mantenimento sono un affare complesso. Sì, perché nel momento in cui smetti di essere un comune cittadino che occasionalmente si riunisce assieme ad altri e dà vita a eventi culturali e diventi un ente vero e proprio, ti si schiudono dinanzi onori, sì, ma anche una gragnola di oneri. Ecco il motivo per cui ho voluto che fossimo solo tre fondatori e tutti nell'ambito della stessa famiglia. Va da sé che le norme di un'associazione impongano che ci sia la massima democraticità e intercambiabilità fra le parti, ma col tempo devo fare in modo di includere poche e fidatissime persone fra i vertici. 
Essere presidente di un'associazione significa esserne allo stesso tempo rappresentante legale. In sostanza, io rispondo di tutto ciò che riguarda il civile e il penale di quello che vi accade all'interno, fra i soci e le attività culturali che si svolgono.

lunedì 24 luglio 2017

Lo schiavista - Paul Beatty

Incipit: So che detto da un nero è difficile da credere, ma non ho mai rubato niente. Non ho mai evaso le tasse, non ho mai barato a carte. Non sono mai entrato al cinema a scrocco, non ho mai mancato di ridare indietro il resto in eccesso a un cassiere di supermercato, incurante delle regole del mercantilismo e delle prospettive di salario minimo. 

Per la prima volta ho la sensazione di trovarmi dinanzi a un libro difficile da recensire, perché difficile da definire. 
Da lettrice, dico che ho impiegato un bel po' a finirlo - l'ho interrotto un paio di volte, in effetti - complici lo slang tipico dei ghetti di periferia di cui è disseminato, la velocità a cui si muove la storia, e in definitiva il genere stesso in cui è collocato. 
Poi ti convinci che sono solo alcuni aspetti di questo interessante affresco della situazione razziale statunitense - col quale il suo autore ha per altro vinto il Man Booker Prize 2016 - così come è adesso, dopo secoli di una storia che ha attraversato fasi di razzismo dichiarato e che è arrivata a essere specchio di una democrazia in cui ancora e ancora i diritti del popolo nero non esistono e i bianchi monopolizzano storia e cultura. 
Ma non voglio arzigogolare, veniamo all'intreccio. Protagonista Bonbon, un giovane nero di Dickens, cittadina inventata da Beatty sulla falsariga delle numerose frazioni delle metropoli americane, quelle in cui la storia nel tempo ha spinto i reietti, in questo caso la popolazione nera di Los Angeles.

martedì 18 luglio 2017

Liebster Award 2017

Eccomi qui, di ritorno da un viaggio in Sicilia che mi ha lasciato frastornata di bellezza. 
Mi riaffaccio sul blog e mi vedo insignita di un bel premio: il Liebster Award (il mio Mac me lo corregge continuamente a Lobster, ma non si tratta di aragoste) da parte di Ivano Landi - trovate il post qui
Non è il primo "coccardone" che ricevo, già lo scorso anno ne ero stata insignita da Cristina Cavaliere, ed ecco questo piacevole bis. 
Ebbene, procediamo con tutto ciò che occorre.
Le regole:

1. Ringraziare chi ti ha premiato e rispondere alle undici domande che ti sono state poste.
2. Premiare altri undici blogger che abbiano meno di 200 followers e che ritenete meritevoli.
3. Comunicare la premiazione nelle bacheche dei "vincitori".
4. Proporre a vostra volta undici domande. 

1. Ringraziare chi ti ha premiato e rispondere alle undici domande che ti sono state poste.
Ringrazio Ivano Landi, del blog Cronache del Tempo del Sogno, che mi ha insignita del premio. Il blog di Ivano è uno di quelli che frequento assiduamente e Ivano è stato uno dei primissimi blogger che ho conosciuto quando ho messo su questo posticino. Insomma, la stima negli anni continua. 

mercoledì 28 giugno 2017

Harry Potter: come è nata una leggenda editoriale

Il signore e la signora Dursley, di Privet Drive numero 4, erano orgogliosi di poter affermare che erano perfettamente normali, e grazie tante. Erano le ultime persone al mondo da cui aspettarsi che avessero a che fare con cose strane o misteriose, perché sciocchezze del genere proprio non le approvavano. 

Così inizia il primo dei libri di una saga divenuta leggenda: 450 milioni di copie vendute, tradotta in 77 lingue - fra cui latino e greco. 
I più conoscono la storia di Harry attraverso i ben noti film trasposti dai romanzi, ultimamente poi ne è stata fatta una versione per il teatro, ma qui mi voglio soffermare sulla loro versione originale.

Non occorre illustrarne la trama rischiando di ammorbare i lettori, andrò al nocciolo della questione, con l'aiuto di un piccolo libro che acquistai a pochi anni dall'uscita del primo volume della saga: La maga dietro Harry Potter. La biografia di J. K. Rowling, scrittrice di fama mondiale. 
Come è nato il fenomeno letterario che ha letteralmente travolto il mercato editoriale in dieci anni di pubblicazioni? Mettetevi comodi e gustatevi questa storia, se avrete la curiosità di leggerla.

martedì 20 giugno 2017

I familiari sono nostri lettori?

Oggi propongo un'altra riflessione. Chi ha un blog ama scrivere, su questo non c'è dubbio, e spesso chi ha un blog è anche autore/autrice di narrativa
La mia esperienza in quanto "scrittrice" (il virgolettato è dovuto al dubbio riguardo al poter essere o meno definita tale) tocca sia l'ambito teatrale - avendo scritto diverse drammaturgie - che quello più squisitamente legato alla narrativa, avendo fatto l'esperienza di scrivere un romanzo di genere storico diversi anni fa. 

Prima di scoprire la scrittura per il teatro, mi era congeniale quella classica, con tanto di macchina da scrivere (mio padre mi procurò una Olivetti quando terminai il liceo) e poi tastiera dinanzi al pc. Racconti, brevi fiabe, un paio di tentativi di romanzo, tanto disegno, e poi, dopo la laurea e anni in cui dovevo inventarmi il modo di trascorrere il giorno, viene fuori questo romanzo. Ne ho accennato in questo post, per altro, che riguarda alcuni dei luoghi in cui è ambientato. 
Quando terminai il romanzo, lo impaginai in formato A5 e lo feci stampare e rilegare in tipografia in alcune copie, per poterlo distribuire a sorella, zie, amica, riservando una copia per me.

mercoledì 14 giugno 2017

A chi lasceremo i nostri libri?

Stamani, libera dal lavoro, mi adagio sul divano dinanzi alla mia libreria e guardo gli scaffali. E rifletto.
Ammetto che questa riflessione non mi è nuova, sarà perché i libri, questi libri, mi sono cari, si trovano qui perché frutto di percorsi, gusti, età diverse.
Se è vero che non comprerei oggi Va' dove ti porta il cuore della Tamaro, è pur vero che appartiene a un momento preciso della vita, quando avevo bisogno anche di questa narrativa; e poi quel Fai bei sogni di Gramellini, che mi è stato regalato comunque da una persona cara, è lì dov'è perché mi ricorda quella persona; per fortuna campeggia in interi scaffali la stragrande maggioranza dei miei libri prediletti, che non tradirei mai, dalla collezione di Dickens fino alla serie di Malaussène di Pennac, i vari Lessing, Allende, Rowling, Murakami, Baricco, i grandi classici francesi e inglesi, ecc. Insomma, ciascuno di questi libri, siano essi acquistati o regalati - o ricevuti in prestito e mai restituiti (sic!) - rappresentano un pezzetto di vita e hanno importanza anche per questo.

martedì 6 giugno 2017

Alice nel Paese delle Meraviglie

Mi sembra quasi irreale essere arrivata a scriverne, ma eccomi qui, a fare il punto di una delle esperienze più belle del mio fare teatro. 
I ragazzi, i miei magnifici variopinti ragazzi - ma io ho messo insieme adulti, bambini e ragazzi nell'esperienza di quest'anno - del laboratorio, sono andati in scena lo corso 31 maggio, con grandissima ovazione di pubblico. C'è da dire che la decisione di mettere in  scena il celebre romanzo di Lewis Carroll mi parve azzardata nello stesso istante in cui la presi diversi mesi fa, ma nonostante i tanti momenti in cui ho dubitato della riuscita di questo progetto, qualcosa mi diceva che sarebbe andato tutto bene. 
Va bene, per un attimo cedo alla vanità e scrivo questa cosa. C'è chi ha detto che sono una specie di "Creso" del teatro. Parto con un'ideuzza, sembra una uguale a tante, poi col tempo accadono delle cose, e tutto si trasforma in qualcosa di insolito, speciale, unico. Accade ogni volta "qualcosa". Finirò col crederci.
Comincia a esserci un pubblico di aficionados, quelli che vengono a vedere perché sanno di aspettarsi qualcosa di speciale, allora, si sa, è come se ogni volta ci si dovesse inventare qualcosa di nuovo. Anche se stavolta si è trattato di uno spettacolo di fine laboratorio, quindi con tutte le incognite del caso. 
Fatto sta che invece è andata più che bene, che ci sono moltissime richieste di repliche e che ricevo la richiesta di vederlo da parte dei tanti che non hanno potuto assicurarsi un biglietto perché i posti erano terminati. Ora faccio un falò di questa vanità e vado al sodo.

lunedì 29 maggio 2017

La la land (sottotitolo "come quando portavo le trecce")

Finalmente l'ho visto. Avrebbe meritato essere visto sul grande schermo, ma non essendoci riuscita, è stato provvidenziale il prestito del Dvd BluRay di una mia dolce alunna rimasta folgorata dal film (tenera età eppure tanta sensibilità).
Ebbene, cosa scrivere che non abbia già letto in giro, fra i diversi blogger che ne hanno descritto le atmosfere e l'esito? 
Il solo modo per raccontarlo è cercare di esprimere il tipo di emozioni che ha risvegliato in me, ma devo andare indietro di molti anni. 
Se giorni fa ho revocato usi ed emozioni degli anni Ottanta, qui tocca fare un salto nel decennio precedente, quando ero una bambina con le trecce e i calzettoni, il televisore era in bianco e nero e io sognavo sognavo sognavo
C'era un appuntamento settimanale che non perdevo neppure una volta, si trattava di un "programma-contenitore" in cui era trasmesso un film hollywoodiano dell'epoca d'oro del grande cinema americano. Sapevo tutto, e credetemi tutto, dei grandi divi, adoravo i musical di Ginger e Fred, così come le commedie di Frank Capra o i grandi film drammatici come Il gigante. 
Col Sorrisi e Canzoni feci una collezione di figurine dei grandi divi e delle dive, così imparai nomi fino ad allora sconosciuti, di cui non avevo visto i film: Theda Bara, Jane Mansfield, Veronica Lake, Montgomery Clift, così come vidi in modo nuovo volti che conoscevo, come James Dean, Frank Sinatra, Rock Hudson, Liz Taylor, ecc.

lunedì 22 maggio 2017

I miei favolosi Anni Ottanta

Eccomi qui, a cercare di scrivere una sintesi di ciò che sono i miei ricordi di questo magico decennio. 
Intanto, ringrazio Marina per avermi nominata, qui il suo post in merito. E ringrazio il mitico Moz, che è un nostalgico doc e ci porta spesso a fare un salto indietro che sa di buono. 
Cominciamo. Intanto fra il 1980 e il 1989 ho vissuto dai miei 9 ai miei 18 anni, quindi diciamo che gli Ottanta sono stati il ponte tra infanzia e adolescenza piena. Potrei dire che li ricordo come divisi in due tronconi, perché a metà decennio sono sbocciata in tutta la mia prorompente sensualità... ehm, no, mi pare esagerato. Diciamo che mi sono affacciata a una sospirata adolescenza, ecco. Ricordo che c'è stato un "prima" e un "dopo" nettissimi, perché finalmente erano finite le scuole medie e... beh, sì, mi sono messa con un bel giovanotto di vent'anni - vedi alla voce "coppia storica" (eh, Marina?😄)
Mettiamo tutto assieme, e vediamo cosa sono stati per me.

martedì 16 maggio 2017

La vana battaglia dell'insegnamento della grammatica.

Stamani ho riportato in classe le prove di uscita di "Riflessione sulla lingua", ossia di grammatica, ai ragazzi di terza. 
Sono tutti un po' preoccupati per gli esami e per quel momento di analisi che richiederanno le Prove Invalsi - per chi non lo sapesse le prove a carattere nazionale che monitorano ogni anno il livello di competenze degli alunni di ogni ordine e grado. 
Ho preso questa classe solo al terzo anno, quindi hanno compiuto con me solo l'ultima parte del triennio delle medie, così ho ereditato una situazione che è comune a tante classi: molta incertezza circa la grammatica, il riconoscimento della funzione logica degli elementi di una frase.
La grammatica è solitamente detestata dagli alunni. 
Questo è purtroppo una verità incontrovertibile. Se altre materie sono detestate perché richiedono la lettura e la memorizzazione di concetti, la grammatica è odiata perché equivale a una logica che li spiazza e li induce ogni volta a fare un passo indietro e ricostruire il percorso. Insomma, la grammatica è faticosa e richiede qualcosa che al giorno d'oggi sta letteralmente scomparendo dagli apprendimenti: il soffermarsi a riflettere a fondo, il non poter fare in automatico un percorso, il pensare attentamente.

venerdì 12 maggio 2017

Viaggio nel cinema che fu ("non fanno più i film di una volta")

Vi è mai capitato di pensare che il cinema non sia più quello di un tempo, per intenderci quello che abbiamo visto fino a circa venti o più anni fa? Quanto sono diventati ormai rari i film belli, le storie che hanno il coraggio di raccontare temi importanti mediante un linguaggio accurato nella sceneggiatura e in tutto l'apparato tecnico (regia, montaggio, fotografia, costumi, ecc.)?
A me appare evidente che fino a quando è stata utilizzata la pellicola, l'ormai compianto triacetato di cellulosa che aveva sostituito la celluloide, ci siano stati film belli, e da quando è nato il cinema in digitale, ormai ampiamente utilizzato, tutto sia cambiato. 
Dal fotogramma ai pixel, insomma, si è andati in tutt'altra direzione, irreversibilmente. 
Credo che il decennio dei Novanta sia stato indimenticabile. Molti dei film che ho amato rivedo ogni tanto, e rivederli te li fa guardare con occhi diversi, li apprezzi perfino di più. 
Qui proporrò quelli indimenticabili, degli anni Novanta, ovviamente rispondenti al mio personale gusto in fatto di generi. Per ogni film l'indicazione successiva è quella della regia, perché questi formidabili registi li hanno resi i film ineguagliabili che sono diventati. Va da sé che il parco-attori è eccellente in ciascuno. Accanto trovate le ragioni personali per cui si trovano in questa lista.

giovedì 4 maggio 2017

"... ma fa ridere?"

Domani, 5 maggio, Foglie d'erba - per chi non sapesse di cosa si sta parlando, ci sono post qui e qui - sarà rappresentato a Guidonia Montecelio, un piccolo comune vicino Roma che vanta un teatro di certa tradizione: l'Imperiale. 
Siamo stati invitati a partecipare al Premio Corvo d'Oro, in cui siamo in competizione con altre Compagnie per riconoscimenti sul migliore interprete, scenografia, costumi, spettacolo. Il difficile sarà "giocare fuori casa" in merito al reclutamento di pubblico, a maggior ragione quando il biglietto in platea ha un costo di 15,00 Euro - la galleria invece ne costa 10,00 per fortuna. 
Il costo del biglietto è un tema fondamentale per il teatro. Meriterà un discorso a parte.

mercoledì 26 aprile 2017

Diario - Anne Frank (ovvero quando l'immaginazione è salvifica)

Spero che potrò confidarti tutto, come non ho mai potuto fare con nessuno, e spero mi sarai di gran sostegno.

Con questa premessa si apre uno dei libri più noti al mondo,  quello che si può definire "un caso editoriale senza precedenti" - tradotto in 60 lingue, venduto in più di 30 milioni di copie, trasposto in opera teatrale, pellicola cinematografica, serie tv, cartone animato. Fra i suoi lettori illustri perfino Nelson Mandela durante la sua prigionia.
Premetto che non sono alla prima lettura del celebre Diario, forse anzi non potrei contare le volte in cui lo abbia letto, o scorso alcune pagine, o tratto delle citazioni da leggere in classe. Questa volta però l'intento è stato diverso: voglio trarne una mia versione teatrale. 
L'idea di portare la storia di Anne Frank sul palcoscenico deriva dall'avere in questo momento del mio percorso artistico alcuni elementi che ben si accordano con una storia come questa. Ho la mia Anne, insomma, individuata da tempo in una delle giovani attrici dello spettacolo tuttora in cartellone Foglie d'erba di cui ho scritto qui e di cui Marina Guarneri ha scritto qui un magnifico post. Ho la mia Anne, ma non voglio raccontare la stessa storia vista a teatro da quando Frances Goodrich e Albert Hackett nel 1955 ne scrissero un adattamento teatrale che ancora oggi spopola sui palcoscenici in Usa. Insomma, la mia sarà una storia nella storia, per il momento un'idea alla quale darò forma nelle prossime settimane.

mercoledì 19 aprile 2017

Se Calvino non avesse disobbedito - Dai diamanti non nasce niente 3

Dopo la prima e seconda parte, che trovate qui e qui, torniamo alle nostre dissertazioni sui giardini con una curiosità sconosciuta ai più. 
Attingo nuovamente al bel "Dai diamanti non nasce niente" di Serena Dandini, per raccontarvi di una disobbedienza al padre andata a buon fine, anzi provvidenziale. Mettetevi comodi, perché vi stupirà. 
Italo Calvino, il genio di Lezioni americane e de Il sentiero dei nidi di ragno, solo per citare due delle tante opere della sua fervida attività di scrittore, rischiò di diventare un botanico e di rinunciare a essere il grande e celebre Calvino che tutti conosciamo. Ma andiamo per ordine.
Il padre di Italo, Mario Calvino, era a suo tempo un botanico di fama e dirigeva la Stazione sperimentale per la floricoltura di Sanremo. Fra i suoi allievi ebbe colui che fino allo scorso anno, prima della sua scomparsa a 91 anni, fu uno dei grandi vecchi della botanica e floricoltura mondiale, Libereso Guglielmi
Libereso, un nome strano e inconsueto datogli dal padre e che significa "libero di pensiero, parola e azione", ebbe fra i suoi migliori amici proprio Italo, al tempo in cui, entrambi ragazzi con soli due anni di differenza, trascorrevano giornate intere in giardino, "io con gli arnesi da lavoro a imparare il mestiere, lui a scrivere".

sabato 8 aprile 2017

Cos'è il talento?

A scuola, durante quattro chiacchiere fra colleghi - si parlava dei diversi stili di apprendimento degli alunni - è venuta fuori una bella quanto controversa parola: talento
Se per lunghi periodi sembra svanire, in altri torna prepotentemente, quasi a volersi fare strada in ambiti differenti, quelli almeno che mi capita di frequentare. A scuola se ne parla poco, perché "le eccellenze", come si usa definire gli alunni che hanno ottime capacità un po' in ogni materia, sono rare, anzi una specie in via di estinzione. 
Nell'ambito dell'apprendimento di abilità e di competenze, termini cari al nostro burocratese, ci sono in effetti elementi di spicco, che spaziano fra logica, umanistica e creatività con disinvoltura. Ma è adeguato definirli dei "talenti" pur in materia scolastica? Non so. Ne dubito. Credo che talento sia un termine in certo senso "estremo", e se mi affaccio su qualsiasi dizionario ne trovo conferma. 
Intanto, sapevate che deriva dalla parabola dei talenti narrata in Matteo 25, 14-30? Se vi va di leggerla, si trova qui. Insomma, si tratta di un'unità di peso, più spesso di una moneta, in uso anticamente presso Ebrei e Greci.

martedì 4 aprile 2017

Il mondo là fuori e la mente ondivaga.

Negli ultimi due giorni ho fatto un'esperienza strana, a tratti kafkiana, a tratti banalmente comune. Insomma, avevo un problemino di salute - da lungo tempo, noioso, avvilente - che andava risolto e mi sono decisa a farlo (anche dietro insistenza del medico). 
Degli ospedali detesto tutto: l'ingresso del Pronto Soccorso affollato, gli ascensori di metallo freddo, i corridoi dal pavimento lucido, le stanze dove in due si entra appena. Pur trovandomi in uno dei grandi ospedali di Roma, e non in una di quelle grottesche realtà del sud, non trovo alcuna differenza. Neppure l'odore di ambiente asettico sopporto. Insomma, mi ritrovo catapultata e immersa in questo mondo e ne traggo qualche spunto.
Umanità varia, molte persone di altre nazionalità spesso strapazzate dal personale. Diverso l'atteggiamento nei miei confronti, mi sono sentita trattare con gentilezza e perfino con giovialità.
Deve essere un piccolo intervento ambulatoriale e diventa invece un intervento in sala operatoria, quindi tutta la trafila di documentazione e di prelievi prima del grande evento.

mercoledì 29 marzo 2017

A scuola in trincea: genitori vs insegnanti.

Fa parte del dibattito attuale riguardante la scuola, la perdita di credibilità delle istituzioni, la perdita di autorevolezza della figura del docente. Tutto insieme, in un circolo vizioso che si ripresenta ogni anno in forme inedite.
Mi pare di avere già avuto modo di descrivere il mio modo di essere insegnante, per la precisione prof di Italiano, Storia e Geografia alle medie: spiegazioni "dinamiche", interattive, uso di materiali multimediali per rendere più vivace la lezione, verifiche scritte con temi anche singolari come riflessioni sul "talento" o su "come vorrei fosse la scuola", spinta verso il senso critico, dialogo come se piovesse, dentro e fuori l'aula. In generale posso descrivermi come un'insegnante attiva, me stessa in cattedra, senza "maschere istituzionali"
Insegno dal 2002, passata in ruolo nel 2008, con un'esperienza che ogni anno accresce il punto di osservazione di nuovi spunti, chiarisce i pro e i contro di questo mestiere. Se vi va di dare un'occhiata ad alcune mie "visioni" sul problema scuola, fatevi un giretto fra questi post.

giovedì 23 marzo 2017

Di teatranti, di spettatori e di cellulari molesti.

Il cartello all'ingresso dei tecnici, Teatro La Fenice, Venezia
Se si scrive di teatro, soprattutto se nel frattempo lo si pratica, diventa necessario improvvisamente dedicare uno spazio allo spettatore
Chiunque faccia esperienza di palcoscenico sa perfettamente che senza spettatori il teatro diventa impossibile. Per dare forza a questo principio, attingo a un passaggio di Grotowski, che sul rapporto attore-spettatore ha scritto pagine notevoli. 
Il teatro, nella sua più autentica essenza, è ciò che accade tra l'attore e lo spettatore. [...]
Nella  relazione tra attore e spettatore si instaura un flusso immaginativo che permette il contemporaneo manifestarsi di identificazioni e disidentificazioni, l'attivazione di emozioni e il giudizio, l'assorbimento e l'osservazione distaccata. 
Insomma, un nobile relazionarsi, un essere parte di un organismo unico, in cui il palcoscenico si fonde con la platea e questa "creatura" che è l'arte del teatro respira, vive. 
Ci sono fior di studi sulla fenomenologia dello spettatore, molti dei quali studiano questo indispensabile fruitore per creare strategie di attrazione, per andare incontro ai suoi gusti e per dirla tutta per fare in modo che il teatro non soccomba del tutto.

lunedì 20 marzo 2017

La fore-edge painting: quando il libro è pura arte.

Non è un segreto che per secoli il libro sia stato un vero e proprio strumento di "ostentazione sociale", volendo usare un termine un po' estremo, insomma uno status symbol. Diverse cronache riportano notizie riguardo ad alcuni incunaboli - i primi libri a stampa - acquistati o appositamente commissionati da famiglie potenti perché potessero fare bella mostra di sé nelle sale di rappresentanza. 
Un esempio è stato per diverso tempo il Canzoniere di Petrarca. Doveva essere tenuto esposto aperto perché gli ospiti potessero prenderne visione. Si trattava di libri rari, decorati finemente, rilegati con finiture di pregio. 
Se si pensa che la fantasia di un decoratore particolarmente creativo si esaurisse nel realizzare sontuose illustrazioni, si è fuori strada, perché diversi secoli fa comparve una tecnica assai affascinante, intrigante, la cosiddetta "pittura sul bordo anteriore". Vediamo di cosa si tratta.

domenica 12 marzo 2017

La saga dei Cazalet: Gli anni della leggerezza - Elisabeth Jane Howard

Incipit: La giornata cominciò alle sette meno cinque: la sveglia (sua madre gliel'aveva regalata quando era andata a servizio) si mise a suonare e continuò imperterrita finché Phyllis non la ridusse al silenzio. Sul cigolante letto di ferro sopra il suo Edna gemette e si girò, rannicchiandosi contro la parete; perfino l'estate odiava alzarsi, e d'inverno capitava che Phyllis dovesse strapparle di dosso le lenzuola. 

Mi sono lasciata incuriosire dalla ormai arcinota saga dei Cazalet e qualche mese fa ho acquistato i primi tre volumi. Una consistente spesuccia che mi sono concessa affidandomi alle numerose recensioni che ho letto a riguardo, a dir poco entusiastiche.
Non sono avvezza alle saghe, quelle che ho letto si contano sulle dita di una mano. In quelle in cui mi sono imbattuta ho trovato ampia soddisfazione e "nutrimento" - vago riferimento al post precedente - se penso ad esempio alla saga di Harry Potter o a quella di Monsier Malaussène di Pennac.
Con i Cazalet si deve essere fin da subito consapevoli di questi punti fermi, altrimenti non si può cominciare:

martedì 7 marzo 2017

"Divorare Proust è un ossimoro".

Prendo a prestito una frase dell'amica blogger Marina Guarnieri, che al termine della prima tappa del suo tour proustiano, descritto assai bene qui, commenta esprimendo le sue idee riguardo al predisporsi a questo tipo di lettura con l'idea di un'immersione
Parto dal presupposto che condivido totalmente il suo parere a riguardo, che più che un parere finisce con l'essere condizione essenziale per una lettura vera della celebre Recherche
Parto da questo presupposto ma vado oltre ed estendo la cosa a tutto quello che può definirsi "letteratura". Già in questo post un paio d'anni fa avevo argomentato sul mio scetticismo verso coloro che dicono di "divorare" i libri, manco fossero brasati di manzo della migliore tradizione culinaria. 
Che significa "divorare un libro"? Ma soprattuto che significa questa espressione applicata alla lettura di Proust, Dickens, Goethe, i grandi russi, solo per fare qualche esempio?
Tutt'al più si possono divorare un Fabio Volo, un Gramellini, una Gamberale, una Tamaro, qualche romanzino chick lit. Ecco, questi si possono divorare in una sera, una domenica pomeriggio o sotto l'ombrellone in mezzo a bambini urlanti e sabbia infilata nel costume. 

giovedì 2 marzo 2017

Consigli ad un giovane scrittore - Vincenzo Cerami

Riprendo in mano dopo alcuni anni un piccolo libro di Einaudi Stile Libero per me doppiamente prezioso, perché contiene un ex libris di rilievo: dedica con firma del suo autore. 
Ho conosciuto Vincenzo Cerami - per intenderci lo stesso scrittore candidato all'Oscar per la sceneggiatura de La vita è bella e l'autore di Un borghese piccolo piccolo, solo per citare un paio di cose - diversi anni prima della sua scomparsa, in occasione di un incontro che tenne nella Biblioteca comunale di Ciampino, città in cui era vissuto ai tempi delle scuole medie.
Fu un incontro bellissimo, nel quale rimasi colpita dalla preparazione e la disponibilità a una vera e propria conversazione che si tenne con diversi cittadini del luogo. Io avevo con me questo libriccino che avevo consumato sottolineandolo e prendendo appunti nel periodo dei miei studi di Drammaturgia e lui fu felice di lasciarmi una traccia di sé che conservo con cura. 
Questo testo tocca alcuni punti nevralgici delle regole di una buona scrittura e si rivolge a coloro che vogliano cimentarsi anche nella scrittura per il teatro, il cinema e la radio. L'aspetto interessante sta proprio nel confronto delle diverse modalità di comunicazione: se intendo scrivere un libro, le regole per farlo saranno poi così diverse da quelle che dovrei osservare per scrivere un testo per il cinema o per la radio o per il teatro? Vediamo cosa emerge. 
Anzitutto mi piace molto un principio che Cerami esprime: le regole, in arte, vengono in un secondo momento, si scoprono dopo averle applicate. 
Sembrerebbe un paradosso se non fosse che il suo autore ebbe da ragazzino un insegnante di Lettere come Pier Paolo Pasolini. La loro amicizia rimase vivissima anche dopo le scuole - al punto che ne sposerà la cugina - e ciò diede modo a Cerami di guardare da vicino questo suo illustre maestro.

lunedì 27 febbraio 2017

Dai diamanti non nasce niente - 2

Claude Monet, Ninfee - 1906
Rieccoci al nostro appuntamento mensile con l'arte dei giardini e le curiosità legate a questo particolare luogo. 
Le notizie sono desunte dal libro "Dai diamanti non nasce niente" di Serena Dandini, del quale ho parlato qui
Come promesso, scriverò di Claude Monet, uno dei grandi maestri dell'Impressionismo. Partiamo dalla lunga e generosa serie di dipinti dell'ultima parte della sua vita, le 250 tele raffiguranti le ninfee. La Storia dell'arte ci dice che la passione del Monet degli ultimi anni fu questo giardino situato a Giverny, che si ostinò a dipingere ripetutamente anche quando era ormai affetto da cataratta, andando, per così dire, "a memoria". 
Quello che in pochi sanno è che Monet non si limitò a osservare, amare e dipingere incessantemente questo scenario, ma si appassionò all'arte del gardening al punto di stringere fraterna amicizia con un noto ibridatore dell'epoca, Latour-Marliac. 
Ora, siccome non siamo esperti di questa raffinata arte, andiamo a cercarci il significato della parola "ibridatore", ed ecco qua che viene fuori la figura di un esperto capace di produrre ibridi nella orticoltura, floricoltura e frutticoltura, ossia in grado di fare germinare nuove categorie fra le colture note, praticando inseminazione o unione di elementi delle due piante ibridate.

lunedì 20 febbraio 2017

Scrivere nel Medioevo

Salterio di Macclesfield, 1330 ca.
Sono trascorsi diversi anni, ma questa è stata una delle più belle e interessanti esperienze che abbia fatto: un anno di studi presso la Scuola Vaticana di Biblioteconomia, a Roma in Vaticano. 
Mi ero appena laureata ed ero venuta a vivere a Roma da pochissimo, desideravo proseguire i miei studi, specializzarmi, attratta da alcuni mesi di volontariato in una biblioteca civica. 
Tentai una prima volta invano di accedere alla prestigiosa scuola, l'ammissione non andò a buon fine perché le cosiddette "lettere di malleveria" occorrenti non erano sufficienti. Ebbene sì, occorreva una o più lettere di presentazione, a garanzia della mia serietà e desiderio di studiare in un luogo ambitissimo da tanti. 
Il secondo anno, forte di un carteggio alto un paio di centimetri, fui ammessa. Oggi, ricordo quell'anno con affetto e un pizzico di malinconia. Fitto di studio, ore in aula, la conoscenza di insegnanti che sono tuttora grandi nomi nell'ambito della conservazione dei beni librari in Vaticano. 
E soprattutto un periodo in cui ho imparato cosa fosse realmente l'umiltà, quella di cui furono esempio proprio loro, i miei insegnanti, che con dedizione e passione ci portarono fino ai faticosi esami. Ricordo anche il viaggio che facemmo a fine anno accademico, a Parma e Milano, in visita alle biblioteche parmense e ambrosiana. E ricordo un bel pomeriggio a Roma in visita all'Istituto per la Patologia del Libro, in cui imparai argomenti ai quali dedicherò un post a parte.

giovedì 16 febbraio 2017

Bagliori nel buio - Maria Teresa Steri

A due anni dalla nascita del blog, ho deciso di inaugurare una rubrica con le mie recensioni dei libri scritti dai blogger che frequento abitualmente e dei quali intendo leggere col tempo le pubblicazioni. Non prometto una tempistica veloce, mi prefiggo di leggere man mano e come viene, ma ho intenzione di leggervi tutti. 
La mia curiosità riguarda lo stile di ciascuno, il genere prescelto, le modalità di pubblicazione. E' anche un modo per accostarmi al mondo complesso delle pubblicazioni con CE o attraverso il self-publishing e capire come muovermi col mio romanzo al momento sottoposto a revisione - o come si dice nell'ambiente, a editing.  
Ma veniamo a questa prima esperienza.

Incipit: Si svegliava ogni mattina con la stessa fantasia in testa: un ispettore di polizia bussava alla sua porta. Se lo figurava sempre nello stesso modo, con folti baffi, aria da gentiluomo inglese e cravattino a farfalla, un'immagine che aveva tratto dal film di Hitchcock Il delitto perfetto. 

lunedì 13 febbraio 2017

Cartoline da Sin'opah

Mi aggrego al meme ideato da Silvia Algerino e tento di seguire una mia personale visione di questa proposta. 
Mi piace l'idea che siano i personaggi del romanzo - o dei romanzi - che abbiamo scritto a inviarci delle cartoline dai luoghi che attraversano o da particolari momenti della loro vita. 
Ebbene, devo fare qualche forzatura, perché la mia Esther vive nel XIX secolo nell'America dei pionieri e delle lotte fra bianchi e nativi e non ha un emporio dove acquistare delle cartoline, ma... con uno sforzo di fantasia posso farle inviare del materiale assai interessante. 

Esther Dunn è la terza figlia di Jacob Fletcher, un commerciante di pelli di Crookston, nel Minnesota. Sua madre, una fredda donna della media borghesia di Duluth, avrebbe già scelto per lei il destino di ragazza di buona famiglia, fra studi e ottimo matrimonio. Esther si piega a malincuore alle imposizioni della madre, più attratta dal mondo difficile e "selvaggio" di suo padre, ma desiderosa anche di non fornire ulteriori dispiaceri alla famiglia, prostrata dal dolore per la perdita del primogenito nella battaglia di Fredericksburg, uno dei numerosi scontri della Guerra Civile terminata pochi anni prima. Esther quindi si avvia verso un destino già scritto, quando un evento tragico muta improvvisamente i piani e la scaglia verso nuovi e inattesi scenari.

giovedì 9 febbraio 2017

The good wife

Si è da poco conclusa una delle serie di maggior successo anche in Italia, quella che potrei annoverare fra le più interessanti che abbia avuto modo di seguire. 
In sette stagioni, due bravi sceneggiatori hanno narrato le vicissitudini, i trionfi, le cadute e le diverse riprese di una protagonista forte e ammirevole, la "buona moglie", interpretata da Julianna Margulies, già nota negli anni Novanta per la fortunatissima serie "E.R". 
Alicia Florrick è un'avvocatessa molto in gamba che torna a lavorare dopo diversi anni in cui si è occupata esclusivamente dei propri figli, ma ciò che è importante è che torna alla pratica forense nel momento in cui suo marito, un noto uomo politico, è investito da uno scandalo che lo costringe a otto mesi di prigione: un'indagine lo inchioda mentre paga alcune prostitute di alto bordo in un albergo. 
La "buona moglie", pur tradita e umiliata, decide di restare accanto a suo marito, di esserne l'ombra, di fare da paravento dinanzi all'opinione pubblica e indurre chi guarda a riscattare l'immagine di lui proprio per il suo indefesso sostegno, nonostante tutto. 
Ecco, questo è lo sfondo, la base su cui in sette anni gli sceneggiatori costruiscono cosa significhi per Alicia portare un nome importante, decidere di "metterci la faccia", di essere il perno su cui la famiglia Florrick regge al peso di una tempesta mediatica come quella iniziale e a tutte quelle che seguiranno.

domenica 5 febbraio 2017

Dai diamanti non nasce niente - Serena Dandini - 1

Incipit: Credo che il problema del giardino dell'Eden sia stato proprio la perfezione. Le Scritture ci tramandano un luogo idilliaco, fitto di piante cariche di frutti e perennemente in fiore. Non era necessario annaffiare né concimare, tutto cresceva spontaneamente, in piena armonia. Non bisognava potare né togliere una fogliolina gialla dai gerani e le rose rifiorivano senza picchiettature e mal bianco. Se desideravi una nuova ortensia quercifolia all'angolo del gazebo, appariva "miracolosamente" proprio dove l'avevi pensata. 

No, non sono stata improvvisamente colpita dal desiderio di fare giardinaggio né credo di possedere un particolare "pollice verde". Le mie piante, quasi tutte rigorosamente grasse - che prediligo per la loro resistenza indefessa a qualsiasi sollecitazione - sono discretamente adagiate nei loro vasi e non si aspettano da me nulla di più che comunissime attenzioni. 
Ho semplicemente riletto volentieri, e questa volta con più attenzione, un delizioso libro scritto da Serena Dandini qualche anno fa. Rilegato in una piacevole brossura di Rizzoli Vintage, è una bellissima edizione ricca di immagini e citazioni, oltre che un lungo magnifico viaggio nella storia di tanti giardini e parchi europei. A studiarlo, si diventerebbe eruditi sui mille piccoli e grandi aneddoti di questo luogo tanto apprezzato e particolare come può essere il giardino.

giovedì 2 febbraio 2017

Mi getto sulla scrittura di getto: tra copioni e palcoscenici che scricchiolano

Gettarmi nella scrittura di getto è per me un bel compromesso perché sono precisina ma mi travesto per un po' in una scribacchina immersa nel caos e senza senso dell'orientamento e mi abbandono ai pensieri di questi giorni. Ebbene sì un nuovo allievo è arrivato al laboratorio, un tale Francesco molto bravo che ebbi modo di conoscere l'anno scorso, uno nato per il palcoscenico uno che non si ferma mai e che vuole i riflettori su di sé. Arriva solo adesso!! a tre mesi dall'inizio e io lo accolgo a braccia aperte anzi noi, noi tutti lo accogliamo a braccia aperte, ci è mancato, lo vogliamo fra noi, è un animatore nato, un fremente arlecchino talentoso e deve esserci!! 
Solo che... solo che il copione è già fatto, già scritto, già distribuito, le parti assegnate, i gridolini di gioia già tutti sentiti, la lettura da seduti già fatta, i compiti affidati, ecc. ecc. ecc. ecc.
E' Alice nel Paese delle meraviglie, mica bruscolini, non è facile metterla in scena e per affidare una parte a tutti e 18 ho faticato non poco ma adesso.... ma adesso è arrivato Francesco è un bel problema, le parti principali sono tutte assegnate!!!
Non c'è tempo non c'è tempo non c'è tempo per inventarsi altro, per fare come il Bianconiglio e correre di qua e di là si rischia di non combinare niente..... come si fa????

lunedì 30 gennaio 2017

Seconda candelina...

Spontaneo pensare che il tempo passi in fretta... inevitabile. Già due anni dalla nascita di Io, la letteratura e Chaplin! Ho riletto il post scritto esattamente un anno fa ed è piacevole ripercorrere i sentimenti di allora. Tanti i ringraziamenti, che potrei ripetere uno ad uno. 
Sempre più chiaro in me cosa significhi tenere un blog. Il primo bilancio che intendo fare è che tutto sommato, io, che ero appassionata di forum fino a qualche anno fa (un tipo di social che col tempo è andato in crisi), posso dire che nel blogging non si ha nulla di meno, se non proprio qualcosa di più. I forum finivano con l'essere luoghi circoscritti, anche insidiosi, troppo variegati. Per quanto potessi dargli un certo stile e impostazione, raccoglievano troppa "emotività" che a volte diventava incontrollata e spiacevole. 
Il blog invece ti impone una scelta ben precisa, è più semplice da gestire, è un angolo virtuoso dove gravitano le persone che hai scelto di frequentare per affinità, culturalmente ti impone di misurarti con le tue reali capacità e il desiderio di fare bene. Da quegli anni è subentrata anche una certa maturità e una volontà diversa, meno attaccata alla rete, più libera.