mercoledì 30 novembre 2016

Giudicare un libro dalla sua copertina? Forse sì...

Uno degli aspetti che accomunano tutti i bibliofili è senza dubbio l'osservazione della copertina, questo "abito" di cui sono rivestititi i libri, una sorta di vetrina che dovrebbe offrire un'idea di ciò che vi è contenuto. Apparentemente un aspetto secondario rispetto al valore del messaggio espresso dal libro, in realtà uno degli aspetti fondamentali della sua pubblicazione e distribuzione.
Un tempo i libri venivano distribuiti in una veste tipografica neutra, il colore della copertina era quello del cuoio, il materiale di cui il libro era rivestito, e tutt'al più l'editore, all'epoca figura non ben definita e assimilabile allo stampatore, si riservava il vezzo di un piccolo marchio sul dorso o sulla copertina. Oggi la "veste tipografica" di una pubblicazione rappresenta una delle voci fondamentali della sua distribuzione.
Ci piace pensare che un libro "non vada giudicato dalla sua copertina" - sapevate che questo principio assai diffuso in realtà è una metafora espressa nel film Rocky Horror Picture Show? - ma poi la maggior parte di noi si lascia ipnotizzare da una bella "facciata", quasi come se le indicazioni in seconda e quarta di copertina finissero per un attimo in secondo piano. E sì che potremmo elencarne di libri che possediamo perché li abbiamo amati "a prima vista", prima di scoprire che magari erano anche buoni da leggere. Dalla mia esperienza, sono portata a pensare che 8 volte su 10 a una bella copertina si accomuni un buon contenuto, mentre a volte può capitare di perderci dei buoni libri solo perché diffusi in una veste tipografica inappropriata e brutta. Da buoni bibliofili, dovremmo bypassare pressoché del tutto questo aspetto e andare al sodo, ma... 

sabato 26 novembre 2016

Le notti bianche - Fëdor Dostoevskij

Incipit: Era una notte incantevole, una di quelle notti che succedono solo se si è giovani, gentile lettore. Il cielo era stellato, sfavillante, tanto che, dopo averlo contemplato, ci si chiedeva involontariamente se sotto un cielo simile potessero vivere uomini irascibili o irosi. 

Inizia così il brevissimo celebre romanzo di Dostoevskij che ho avuto il piacere di rileggere ieri, nel silenzio della classe immersa nel compito di Storia. Non credo di essere alla seconda volta, deve trattarsi probabilmente della terza. Di tanto in tanto, sapendo di avere un'oretta e mezza o due di tempo, mi è capitato di afferrarlo dalla libreria e immergermi di nuovo in queste particolari atmosfere. 

Cosa possiede questo piccolo libro - oltre al merito della brevità, diciamolo pure -  da renderlo così affascinante? Probabilmente tutto ciò che rende particolarmente affascinante quello che definiamo "romantico" in senso squisitamente letterario. Sì, perché il suo protagonista, il sognatore di cui non si saprà il nome, ma che incarna perfettamente il carattere e le prerogative dell'eroe romantico, ci conduce attraverso il suo esprimersi in prima persona - quindi rivelando ogni movimento dell'anima - nei pensieri, la cupezza, i desideri, i sogni di questa figura centrale di tanta letteratura.

mercoledì 23 novembre 2016

Cult movie - Harry ti presento Sally

Riemergo dopo diversi giorni dedicati quasi totalmente alla mia nuova produzione teatrale - della quale scriverò - ed esordisco con "Cult movie", una nuova rubrica con la quale intendo ripercorrere occasionalmente trama e soggetto di film che non solo hanno segnato il passo del grande cinema, ma che mi piace rivedere a distanza di anni, riscoprendone dettagli e il piacere di assistere a produzioni ormai ineguagliabili. Inizio con la commedia perfetta: Harry, ti presento Sally.

Cominciamo dall'ossatura del film, il soggetto, scritto da una grandissima Nora Ephron. Ecco, io che scrivo per il teatro e dirigo scene, vorrei possedere un grammo della sua vivacità artistica. E' come se uno scrittore si fosse seduto un giorno e avesse scritto la storia perfetta. Una storia che ha la fortuna di essere stata raccontata da una grande sceneggiatrice, un ottimo regista - Rob Reiner - e strepitosi interpreti. Perfetti il soggetto e i dialoghi, ottimo il cast. Imperdibile in ogni passaggio, con dialoghi che anche nell'edizione italiana sono all'altezza. E vogliamo parlare dell'epoca, quella malinconica fine degli anni Ottanta, oppure dello sfondo su cui si muovono? Una meravigliosa e suadente New York, quella dei bei tempi, non ancora avvelenata dall'11 settembre, che ne ha deturpato per sempre volto e identità. Bella la colonna sonora, che sembra essere un vero e proprio sottotitolo a quel che accade di volta in volta ai protagonisti; la scenografia è impeccabile, specie negli ambienti interni; gli intermezzi delle varie coppie che seggono allo stesso divano e raccontano la propria esperienza sono scanditi in modo magistrale e sono l'uno più adorabile dell'altro.

mercoledì 9 novembre 2016

Il rituale della Tenda Tremante presso gli Ojibwa - Guest-post gemellare

Per la prima volta collaboro con Cristina Cavaliere a un progetto che ha entusiasmato entrambe, quindi lasciate che le esprima anzitutto i miei ringraziamenti. Eccoci arrivate a uno dei "guest-post gemellari" che stavamo meditando da tempo, unite dalla comune passione per i nativi americani. A te, Cristina.

Innanzitutto ringrazio tutti i lettori che vorranno leggere questo mio articolo, e il corrispettivo di Luz che apparirà sul blog Il manoscritto del cavaliere. L’idea è stata originata dalla scoperta di una comune passione rispetto ai nativi d’America: Luz ha svolto la sua tesi di laurea imperniandola sulla condizione della donna, mentre io ho ambientato una buona parte del mio romanzo Gli Immortali nel Nuovo Mondo, e nello specifico presso la tribù dei Lenape.

giovedì 3 novembre 2016

Curarsi con i libri. Rimedi letterari per ogni malanno - Ella Berthoud, Susan Elderkin

I libri sono la cura per ogni malessere - ci mostrano le nostre emozioni, una volta, e poi ancora una, finché non riusciamo a dominarle. 
D. H. Lawrence
Se vi capita di imbattervi in questo bel manuale, vi consiglio di farvi un regalo, perché non può mancare sullo scaffale di ogni bibliofilo che si rispetti. A parte che Sellerio ne ha fatto un'edizione che è piacere semplicemente sfogliare, sappiate che l'introduzione di Fabio Stassi, che ne è il curatore in Italia, è una delle sue numerose chicche. 
...la più fortunata malattia cronica che ci si possa augurare di contrarre sin da bambini è la lettura, scrive Stassi, seguendo la scia di questa metafora cui la passione per i libri si presta assai bene a diventare. In fondo, amare i libri significa essere stati in certo senso "contagiati" fin da piccoli da qualcuno, un amico, un parente, che con il suo entusiasmo ci trasmette questo morbo se siamo fortunati. E davvero, pensiamoci un attimo: quante volte ci è capitato di consigliare quel determinato libro a qualcuno, garantendo sulla sua salubrità e il suo potere taumaturgico? Ogni volta ce ne facciamo realmente garanti, e magari se il qualcuno ci ascolta, avremo a nostra volta "contagiato" verso quella determinata lettura.